tradimenti
Oltre la soglia-Finale.

28.06.2025 |
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"Mia moglie si era avvolta in un lenzuolo, Elena sedeva accanto a lei con lo sguardo fisso sul pavimento..."
Quando arrivai al motel, il sole stava calando dietro i palazzi bassi della zona industriale. Avevo il cuore in gola e le mani sudate, come se stessi per varcare una soglia da cui non si poteva più tornare indietro. E in fondo, era esattamente così. Elena mi aveva scritto solo due parole: 'Stanza 12'. Nessuna spiegazione, nessun indizio su ciò che mi avrebbe aspettato. Solo quel numero, e il mio desiderio che ormai era diventato troppo grande per essere trattenuto.Salì le scale a piedi, lentamente, come se stessi cercando di guadagnare tempo per respirare. Ma ogni respiro era breve, contratto, affamato. Avevo bisogno di lei. Avevo bisogno di perdermi, e sapevo che Elena era pronta ad accogliermi. Eppure, quando bussai alla porta e la sentii aprirsi lentamente dall'interno, non ero preparato a quello che vidi.
Elena era lì, vestita con una camicia bianca sbottonata che lasciava intravedere il seno nudo, e uno sguardo che sembrava bruciare l’aria. Ma non era sola. Seduta sul bordo del letto c’era mia moglie.
Mi bloccai. Per un istante, il mondo sembrò perdere ogni suono. Mi girava la testa, e mi sentivo come se fossi nudo pur avendo ancora i vestiti addosso. Mia moglie mi guardava. Ma non con rabbia. Non con sorpresa. Con qualcosa di diverso. Una curiosità febbrile. Un desiderio trattenuto troppo a lungo.
«Lo so», disse. «So tutto.» La sua voce era calma. Poi si voltò verso Elena. «Me l’ha raccontato lei. E io… voglio capire. Voglio sentire quello che tu provi.»
Elena sorrise e si avvicinò a me. Mi prese la mano e la portò sul suo seno. Mia moglie non distolse lo sguardo. Quando Elena si inginocchiò per slacciarmi i pantaloni, sentii le dita di mia moglie toccarmi appena il fianco. Era come se il mio corpo stesse diventando il campo di una battaglia sensuale tra due forze complementari.
Mi lasciarono nudo. Elena mi baciò lentamente, poi si stese sul letto. Mia moglie la seguì. Io li guardavo, immobile, col fiato corto, mentre le vedevo toccarsi, sfiorarsi, aprirsi. Quando mi chiamarono con un gesto, mi avvicinai come un animale attirato dal fuoco.
Feci l’amore con loro. A lungo. Senza sosta. Elena guidava i ritmi, mia moglie li assecondava. A volte erano loro a occuparsi di me, a volte io di loro. A volte si perdevano l’una nell’altra e io ero spettatore. Ma ogni cosa accadeva come se fossimo un’unica creatura a tre teste, tre bocche, sei mani. Non avevo mai provato nulla di simile. Non era solo sesso. Era abbandono. Era rovina. Era libertà.
Quando ci fermammo, sudati, esausti, ancora intrecciati, guardai il soffitto come se avessi scoperto un nuovo universo. Mia moglie mi sussurrò qualcosa all’orecchio. Non capii le parole, ma il tono mi fece tremare.
Poi Elena si alzò, andò al comodino e prese una busta. Me la porse. Dentro c’erano delle foto. Scattate di nascosto. Di noi. Di me. Con entrambe. Con lei. Con un’altra donna ancora. «Non siamo le uniche a conoscerti così», disse. «E qualcuno ha iniziato a chiedere... un prezzo.»
Mi sedetti sul bordo del letto, ancora nudo, ancora scosso. Mia moglie si era avvolta in un lenzuolo, Elena sedeva accanto a lei con lo sguardo fisso sul pavimento. La busta era ancora tra le mie mani. Quelle immagini… era come guardare me stesso da fuori, come se un'altra versione di me avesse preso il controllo nei giorni precedenti e io solo adesso me ne rendessi conto.
«Chi?» domandai. La voce mi tremava, ma non di paura. Era un’altra cosa. Un senso di crollo, di resa. Elena mi guardò negli occhi. «Non lo sappiamo. Ma è qualcuno che sa tutto. E vuole che tu lo sappia.»
Nel silenzio teso, mia moglie si alzò. Mi baciò sulla fronte. «Non ti sto lasciando», disse. «Non ancora. Ma voglio capire perché sei diventato questo. Perché hai scelto di varcare quella soglia.»
Elena annuì. «Io l’ho solo accompagnato. Ma la porta, l’ha aperta lui.»
Pensai a tutto. Alle carezze, ai respiri, ai tremori condivisi. Ai tradimenti. Alla verità. Poi un nuovo messaggio arrivò sul mio telefono. Nessun nome. Solo un indirizzo e una frase: «Ci sei anche tu nei miei ricordi. Vediamoci presto.»
La sorpresa finale non era nel ricatto. Non era nelle foto. Era nel realizzare che io non ero più l’unico regista di questa storia. E forse non lo ero mai stato. Qualcun altro stava scrivendo il mio finale. E ora… voleva conoscermi di persona.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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